QdVela e Motore Forum Nautico

  1. TECNICA: bolentino di medio fondale
    di Bruno-21

    AvatarBy QdV il 10 April 2015
     
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    La primavera, come dice Chris è alle porte, per chi è appassionato di pesca è arrivato il momento di rispolverare la propria attrezzatura e preparasi per qualche prossima uscita alla ricerca di quei divertentissimi pesci: le tanute.

    L’inizio della primavera è proprio il periodo giusto per tentare i grossi calibri che approfittando dei primi tepori, ma soprattutto dell’allungarsi delle giornate, per radunarsi in branche numerosi sulle secche al largo.

    Trovo inutile e noioso descrivere minuziosamente questo sparide, vi dico solo che può raggiungere e superare i due chili di peso, anche se la taglia media che interessa noi si aggira tra i 400 ed i 600 grammi e sono già, ve lo assicuro, delle bellissime prede.

    La tecnica principale è quella classica del bolentino, vediamo qual’è l’attrezzatura necessaria per poterle insidiare con successo.

    LA CANNA- quelle che si trovano in commercio, per questa tecnica, sia telescopiche che ad innesti vanno più o meno tutte bene, la loro lunghezza dovrà essere non inferiore ai tre metri e non superiore ai quattro.
    La parte essenziale è il vettino o cimino, meglio se innestato a baionetta nel sottovetta, per essere cambiato secondo il peso del piombo col quale peschiamo, oppure per la rottura dello stesso.
    Personalmente preferisco le telescopiche fino a tre metri e mezzo con una scelta di almeno tre vettini da innestare.
    Come portamulinello preferisco quelli a vite, perché gli altri a pressione ed a scatto non sono, a mio avviso molto sicuri.

    IL MULINELLO- La scelta ricade sui modelli di taglia dal 4000 al 6000 muniti di due bobine capaci di contenere 200 metri di multifibre dello 0,20.
    La frizione è meglio che sia sulla bobina, perché quella dietro il carter, anche se più comoda, si danneggerà rapidamente con l’acqua di mare.
    Io preferisco i modelli più piccoli unicamente per un problema di peso, mi stanco meno e non risono mai trovato in difficoltà durante il recupero.

    IL MULTIFIBRE- o djinema o trecciato o come diavolo lo chiamano, deve essere di sezione cilindrica, quelli schiacciati lasciateli al negoziante, io cerco di trovarli in confezioni di molti metri per consentirmi prima di tutto di riempire bene i mulinelli e secondariamente di avere un bel risparmio nell’acquisto.
    Essendo il multifibre un filo privo di ogni elasticità, ci permetterà, osservando il cimino della canna, di cogliere anche la più piccola beccata da parte di un pesce e regolarci di conseguenza.
    L’altissimo carico di rottura del m.fibre ci permette di usare diametri sottili, annullando quasi totalmente l’effetto corrente e facendoci pescare dritti sotto la barca con grandi vantaggi.
    La mancanza di elasticità è però il suo grande pregio, ma anche il suo tallone d’Achille.
    Durante il recupero infatti, le testate del pesce tenderanno a far allargare la ferita dell’amo e la perdita della nostra preda.
    Per ovviare a questa carenza, alla fine del m.fibre legheremo uno spezzone di una decina di metri di nylon morbidissimo, meglio se fluorine, di diametro leggermente superiore al diametro del calamento pescante.
    Ad esempio io faccio i teminali dello 0,35 per cui, per lo spezzone di fluorine uso uno 0,40.

    IL CALAMENTO- o terminale o finale, come più vi piace, è composto da un corpo centrale (trave) e da due o tre braccioli, al cui termine vengono legati gli ami.
    Io me li costruisco da solo, del tipo “a girare” con le perline, tutti incollati, senza fare neppure un nodo.
    L’operazione non è semplice da spiegare e comunque è molto complessa, vedremo se l’argomento sarà tanto interessante da meritare tanto tempo per illustrarlo e tante foto.
    Meglio se li acquistate pronti nei negozi di pesca, non voglio fare pubblicità ma se trovate quelli di Tubertini realizzati da Marco Volpi posso garantirvi che vanno benissimo, (non come i miei, però).
    Il trave non è così importante come il bracciolo, parliamo di questo.
    Anzitutto la lunghezza, le tanute lo preferiscono molto lungo, intorno ad un metro, per cui se pescate con una 3,50 ne potrete metterne due.
    Il diametro deve essere intorno ad uno 0,30 in fluorocarbon purissimo, e l’amo terminale un numero 2 a gambo lungo.


    Le prime riguardano l'attrezzo principe: la canna.
    Si tratta di una telescopica in carbonio alto modulo di lunghezza di mt. 3,30 la mia preferita.
    La canna ha come corredo 3 cimini sensibilissimi per tre tipi diversi di piombatura.
    Nelle altre foto possiamo vedere l'innesto a baionetta ed il portamulinello a vite.


















    Un mulinello molto appropriato e di costo contenuto, con due bobine di corredo.





    Ed ecco il calamento o terminale o finale del quale vi avevo parlato, è costruito per ricevere due braccioli, c'è l'attacco del piombo terminale e per il moschettone superiore.





    Il contenitore per i calamenti ed i braccioli è un portafoto normalissimo che si trova nei s.mercati a circa 1 euro.






    I piombi autocostruiti di forma giusta e giusto peso.






    Amo adatto all'innesco del quale parleremo.






    Toh, Bruno alle tanute.






    IL PIOMBO- è preferibile utilizzare quelli con forma cubica sormontati da una piramide con l’attacco al vertice di quest’ultima.
    Non è che questa forma abbia una particolare attrazione sui pesci, il vantaggio di questi rispetto agli altri di forma più o meno tondeggiante, è dovuto unicamente al fatto che questi in barca, appoggiati nel pozzetto, non rotolano facendoci correre il rischio di infilarsi la punta dell’amo in una mano, tutto qua.
    La cosa importante invece è la scelta del peso, questo si che può determinare l’esito dell’intera pescata.
    Dobbiamo quindi avere con noi una varietà di pesi che vanno da un minimo di 40
    grammi fino a 150.
    Personalmente ho questa suddivisione: 40 - 50 - 75 - 100 - 120 - 150.
    La scelta varia secondo due importanti fattori: profondità e corrente.
    Come scegliere il pimbo giusto?
    Ci troviamo su un fondale di cinquanta metri, di regola va considerato un grammo al metro, pertanto iniziamo con cinquanta grammi, se tutto va bene il piombo toccherà il fondo e si fermerà, con magari una leggerissima deriva verso la corrente che potremo correggere cedendo un po'di filo dal mulinello, condizione ideale.
    Oppure il piombo non arriva in fondo, recuperiamo e riproviamo con 75, neppure ora, allora 100 grammi e così via finchè non si raggiunge la condizione ideale con il minor peso possibile, per inciso il 150 grammi su cinquanta metri è veramente troppo, normalmente si usa su 80 metri di fondo e corrente, tanto per capirsi.
    Credo con questo che l'argomento piombo sia ben descritto.


    LE ESCHE – Teniamo conto che, come si può capire dall’amo, la nostra pesca è indirizzata alla ricerca di tanute di media/grossa taglia, per cui anche le esche che utilizzeremo saranno rivolte alla cattura di queste.
    Le più piccole, ve lo dico già, difficilmente resteranno allamate, ma quando ne incocceremo una grossa potremo stare certi che non si slamerà.
    Vediamo dunque cosa portarci appresso, le esche saranno due: le sarde freschissime ed i calamari congelati.
    Perché freschissime le sarde? Perché solo queste ci garantiranno una perfetta tenuta senza sfaldamenti e resistendo alle beccate del pesce senza staccarsi dall’amo.
    Purtroppo quelle congelate per la poca consistenza delle carni non sono molto adatte, tenetele come ripiego qualora non trovaste in pescheria quelle di giornata.
    Come facciamo a riconoscere le sarde se sono fresche come vorremmo?
    Anzitutto le squame dovranno essere ben attaccate al corpo e lucenti, il secondo indicatore sono gli occhi e gli opercoli, devono essere chiarissimi e senza nessuna traccia di sangue.
    Il terzo indicatore è il ventre, prendetene una in mano e schiacciatela leggermente, capirete subito senza tante altre spiegazioni se si tratta di pesca di giornata.
    Considerate che per una battuta di pesca in due persone, pescando tutto il giorno, un chilo e mezzo è più che suffciente se peschiamo solo con queste, un chilo se utilizzeremo anche i calamari.
    Ecco proprio i calamari saranno la nostra alternativa, anzi io li uso più delle sarde e con ottimi risultati.
    Ma vanno bene tutti i calamari che troviamo nel negozio di surgelati?
    Niente affatto, quelli che vanno bene devono avere due caratteristiche: essere di mantello fine e morbidi, quelli grossi di mantello massiccio, che oltretutto costano tre volte tanto non sono assolutamente adatti.
    Vi do una dritta per andare sul sicuro, questi calamaretti di taglia dai 15 ai 20 centimetri, vengono comunemente commerciati con il nome: calamaro Patagonia.
    Si trovano sciolti o confezionati, ad esempio all’Eurospin, ed il loro costo è di circa 6 euro al chilo.
    Prendetene due chili, quelli che vi avanzano potete ricongelarli, sono per i pesci, mica per mangiarli noi.



    Abbiamo visto le esche più invitanti per il nostro simpatico sparide, vediamo ora come innescarle.

    La parte più consistente della sarda è quella in prossimità della coda perche la più tenace.
    Tagliamone dunque un pezzo di circa 4 centimetri di lunghezza e cuciamolo due volte sul nostro amo iniziando dalla parte della coda ed appuntandolo in quella più larga vicino alla pancia, fate attenzione che una volta innescato il pezzo di sarda rimanga ben steso e la punta dell'amo con l'ardiglione fuoriescono dall'innesco.
    Qualcuno lo fa restare nascosto nel corpo della sarda, ma io preferisco che spunti fuori per una migliore penetrazione al momento dell'afferro.

    Per il calamaro invece c'è un procedimento ben preciso da rispettare.
    Dovete acquistare in un negozio di casalinghi due oggetti che fanno al caso nostro, un martello batticarne e un tagliere in plastica come si vedono in foto.










    Durante il viaggio verso il posto di pesca dovete mettere a scongelare i calamari, diciamo sei o sette, gli altri li giostrerete scongelandoli mano mano che occorrono durante la giornata.
    Prendete dunque un calamaro e toglitegli la parte dei tentacoli, rimarrà il tubo del mantello che dovete tagliare per tutta la lunghezza, liberatelo dall'osso di cartilagine e spellatelo (è facilissimo), ottenendo un triangolo di calamaro bianco su entrambi i lati.
    Stendetelo sul tagliere che avrete appoggiato su di una seduta della barca, fate che la parte esterna del mantello sia appoggiata sul tagliere e quindi rimanga in vista quella interna che batterete con il martello batticarne per spezzarne i canali e rendere ancor più morbida l'esca.
    Con un coltello o con le forbici fatene strisce larghe un centimetro e mezzo e lunghe sei sette centimetri.
    Cucite un paio di volte, anche tre la striscia sull'amo e fatene rimanere un bello svolazzo che nella corrente fluttuerà invitando le nostre tanute ad abboccare.
    I pezzi più piccoli che rimarranno non li gettate, appuntateli all'amo con la striscia facendo un boccone ancora più grande.



    Concluderemo la prossima volta parlando dei luoghi dove cercare le tanute e come pescarle.


    Il patrimonio di ogni pescatore sono quei posti particolari che qui a Livorno chiamano "poste"
    Le coordinate di queste poste che ognuno tiene gelosamente segrete, sono per lo più secche più o meno estese, al largo, che normalmente si trovano ben indicate sulle carte nautiche.
    Solo alcuni casi particolari, si riferiscono ad alcune aree limitatissime, non evidenziate sulle carte.
    Quindi i luoghi dove ricercare le nostre amiche in primavera sono le secche al largo.
    Le profondità più giuste sono quelle che vanno dai 35 metri ai 60.
    Identificarle è abbastanza semplice, se poi siete muniti di un GPS cartografico, meglio se attrezzato con carte da pesca, identificare quelle secche diventa un gioco da ragazzi.
    Le secche migliori sono quelle rocciose che si elevano da un fondale di fango o sabbia.
    E' vero come dice Colmar che i pesci hanno la coda, ma da questo ad andare a caso ce ne corre.
    Nessuno ci obbliga a fermarci per tanto tempo su una secca (o posta) senza vedere una beccata, occorre avere varie alternative per potersi spostare alla ricerca degli amici pinnuti.
    Così pure se la secca è estesa, se al primo ancoraggio non troviamo i pesci che ricerchiamo, non facciamo gli infingardi, spostiamoci e spostiamoci ancora finchè non iniziano le beccate.
    Lo scopo della pesca è prendere i pesci e non fermarsi per prendere il sole, se volete buttare l'ancora una volta per tutte e fermarvi definitivamente, non dite per favore che siete andati a pescare, pescare è un'altra cosa, per pescare occorre trovare i pesci e non sperare che i pesci vengano a noi.
    Lo scandaglio è un altro strumento indispensabile, più è potente e più dettagliatamente ci farà leggere il fondo ed i pesci che si trovano nelle varie fasce d'acqua.
    Spesso ci aiuta a trovare le tanute che normalmente si muovono in branchi numerosi.
    Di ancore ed ancoraggi ne parleremo poi, gli spostamenti sulla medesima secca si fanno senza salpare l'ancora e qualora si dovesse salpare completamente si deve ricorrere ad un particolare sistema con un parabordo sferico.
    Non pensate neppure per un istante di usare l'ancora con catena e sollevarla con il salpaancore.
    Ecco siamo arrivati sulla secca, dirigiamoci subito nel punto meno profondo, consideriamo vento e scarroccio e gettiamo l'ancora per fermarsi proprio là.
    Montiamo le canne, inneschiamo e caliamo fino a toccare il fondo.
    Se sentiamo subito le beccate tanto meglio, le abbiamo trovate, quindi attenzione al cimino per ferrare al momento opportuno.
    Se non sentiamo niente, dopo qualche minuto sollevate le esche di qualche metro dal fondo e tenetele così, a volte occorre anche sollevarle di sette otto metri dal fondo per farle mangiare, altre volte sul fondo o appena staccate dal fondo.
    Se siete arrivati al mattino presto e dopo una mezz'oretta non avete visto mossa, non pazientate ulteriormente, via, spostarsi un po' più profondi.
    Se invece cominciano a mangiare e poi smettono è normale, difficilmente mangeranno tutto il giorno, ma siete nel posto buono, vedrete che nel pomeriggio si rimuoveranno.
    Variando le esche a volte si ottiene il risultato di rivedere le beccate.
    Insieme alle tanute potremo imbatterci anche nei saraghi, in qualche scorfano (attenzione a non pungersi) in qualche pagello di dimensioni generose.
    Molto importante è credere a quello che facciamo, molte volte la convinzione è l'arma essenziale per il risultato della battuta di pesca.



    Non voglio esaurire l'argomento senza avere illustrato meglio quello che è l'accessorio portante del bolentino: il terminale.

    Quando iniziai a praticare questa pesca, qualche anno fa (oltre quaranta anni fa) il terminale consisteva in un comune nylon dello 0,30/0,40 raddoppiato ed annodato, poi tagliato vicino ai nodi per formare i braccioli.
    Ai braccioli venivno legati gli ami, l'asola terminale serviva per fermare il piombo con una bocca di lupo, nel collegamento tra questo calamento ed il nylon che fungeva da trave, veniva interposta una robusta girella.
    Il trave era composto da un nylon dello 0,80 ben stirato e sfibrato (io lo sfibravo tirandolo con l'auto in un piazzale deserto) e poi avvolto su un telaio in sughero.
    Veniva calato il piombo sul fondo, poi attraverso il nylon tenuto tra le dita, riuscivamo a sentire le beccate dei pesci.
    La ferrata consisteva nel sollevare il braccio velocemente, poi iniziava il recupero fatto con entrmbe le mani ed il nylon veniva semplicemente appoggiato nel piano del pozzetto.
    A volte purtroppo nella calata successiva si avvolgeva tutto e allora erano dolori.

    A parte il sistema primitivo, quello che fin dal primo momento non mi aveva convinto era il diametro dei braccioli che dovevano per forza di cose essere di diametro uguale alla trave.
    Credo di essere stato il primo, sconvolgendo i sacri testi, ad annodare due fili di diametro diverso, un nylon dello 0,35 con un altro dello 0,25, ottenendo così i braccioli più pescanti.
    Visto i risultati spiegai a tutti gli amici del circolo pesca come fare questi calamenti così redditizi.

    Nei negozi specializzati si cominciarono a vedere le prime canne che portavano i nomi di pesci azzurri: sgombro, sugarello etc.
    Non erano un granchè nè come cimino nè come azione ma ci adattammo e iniziammo a pescare con canna e mulinello.
    Il mulinello veniva caricato con nylon per cui, data l'elasticità di questo filo, vedevamo solo le beccate decise dei pesci più piccoli, i calamenti non erano cambiati tranne che il piombo veniva ora agganciato con un moschettone e girella per renderne più semplice la sostituzione.

    L'evoluzione da allora in poi fu però molto rapida, cominciammo a trovare le canne con azione di punta, poi i cimini intercambiabili, i mulinelli venivano caricati con una specie di cordino chiamato dacron, che nonostante il diametro generoso, permetteva di vedere sul cimino ogni minima beccata, ma i calamenti erano sempre i medesimi, da me modificati, ma assolutamente grossolani.

    Grazie a Stonfo ed altre aziende, cominciarono ad apparire sulle riviste di pesca le perline a fori incrociati, da li ad invenate i terminali a braccioli girevoli il passo fu breve, dapprima adottando il fissaggio con i nodi e subito dopo incollandoli.

    Intanto era comparso in commercio anche il multifibre che sostituì il dacron con enormi vantaggi.

    Io ho migliorato ancora il sistema rendendo i terminali ancor più antigriviglio interponendo tra la perlina a quattro fori e quelle incollate sopra e sotto ancora due perline che fungono da cuscinetto.

    Difficilmente potremo andare oltre, da ormai più di dieci anni peschiamo con questi.


    Posto una serie di foto partendo da come va preparato il mantello fino all'innesco.
    Ho saltato una fase importante perchè non ho con me il martello batticarne, ce l'ho in barca.
    Quando dopo la foto n°2 il mantello viene aperto e nuovamente appoggiato sul tagliere per le successive operazioni, occorre batterlo nella parte interna con il batticarne.
    Una volta battuto sarà sicuramente più morbido e più gradito, inoltre con questa operazione verranno spezzati tutti i canali che disperderanno nell'acqua il loro aroma creando un richiamo per i pesci.
    Ripeto ancora una volta che i calamari adatti sono quelli che si trovano congelati nei supermarket con il nome di calamri atlantici o calamari patagonia di costo attorno ai 6 euro al Kilo.
    Sono al massimo lunghi 15 cm. Hanno il mantello sottile e morbido, non comprate quelli grandi con mantello spesso, non vanno bene oltre a costare il doppio.

    Mantello del calamaro spellato




    Mantello aperto, va battuto con il batticarne




    Tagliare le strisce per l'innesco.




    Innesco su amo gambo lungo n° 2 la striscia viene trapassata tre volte ed ecco il risultato.






    (Link alla discussione originale: http://quellidelvolavia.blogfree.net/?t=4410900)

    Edited by Chrìs - 17/4/2015, 19:03
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